La squadra di Parisi (Bloomberg Investimenti)

Confindustria. Il nuovo direttore generale sta scegliendo lo staff di Via dell’Astronomia.

Giornate di grande suspence in Confindustria. In ballo ci sono le nomination per le postazioni di comando nelle nuove aree destinate a sostituire i nove dipartimenti ormai considerati fuori moda.

Le direttive fondamentali della riorganizzazione, nella quale sparirà più di qualche testa, già all’inizio di novembre sono state concordate tra il presidente, Antonio D’Amato, e il direttore generale, Stefano Parisi, in irresistibile ascesa. L’ex-pupillo di Gianni De Michelis è oggi un 44enne dal curriculum d’acciaio: prima delicate segreterie tecniche tra i ministeri del lavoro e degli esteri, poi la direzione del dipartimento per gli affari economici della presidenza del consiglio dei ministri, 1992-97, e fino a quest’anno la direzione generale del comune di Milano. In questi giorni Parisi sta completando l’organigramma (e le liste di proscrizione, secondo gli antipatizzanti) della nuova Confindustria. La postazione data per più sicura è quella di capo della prima area, il Centro studi. Parisi l’ha già pubblicamente assegnata a Giampaolo Galli, che nel rimbalzino assume anche un’investitura all’inglese, quella di chief economist. La seconda area, competitività ed Europa, dovrebbe restare a Ugo Mazza e per economia e impresa si tratta di vedere se la militanza confindustriale ultraventennale di Lucio Scialpi farà premio sui rapporti fiduciari personali di Parisi con alcuni suoi coetanei quarantenni. Indicativa dei tempi l’abolizione del dipartimento relazioni industriali, quello storico della scala mobile, della cassa integrazione, dei grandi contratti che si stanno sgretolando sotto il bulldozer della flessibilità. Le relazioni industriali sono state fino a oggi una delle competenze principali del vicedirettore generale, Rinaldo Fadda, classe 1942, che probabilmente ora dovrà spostare il tiro. La quarta area, organizzazione e sviluppo, dovrebbe restare a Gabriele Manzo, e per quanto riguarda la quinta, quella della comunicazione, Stefano Lucchini, dal giugno scorso importato dall’Enel, è saldissimo in sella. Insostituito braccio destro di Chicco Testa, che ancora quest’anno, nella pausa ferragostana, se l’è portato in passeggiata  sui sentieri di Cortina d’Ampezzo, Lucchini in Confindustria rappresenta il nuovo che avanza. E i vecchi della casa lo danno già come candidato per postazioni anche più alte. La grande novità comunque è rappresentata da un ufficio di staff direttamente agganciato al Comitato di direzione con il compito di provvedere alla marcatura stretta di governo e parlamento nell’attività legislativa. In realtà quest’ufficio di staff è un modo per accorciare la linea di comando e costituire una task force d’intervento ultrarapido. “Faremo più lobby, per diffondere la cultura della semplificazione legislativa”, ha detto recentemente senza falsi pudori Parisi. In quest’attività l’ex-astro nascente socialista si è costituito un gruppetto di fiduciari, tra i quali spiccano due elementi, Enrica Giorgetti e Fabrizio Carotti. Giorgetti, riservatissima e dotata di un’attrezzatura granitica in materia di leggi d’incentivazione, è moglie di Maurizio Sacconi, ministro della funzione pubblica nei primi anni 80 e ora,uscito incontaminato dalla bufera socialista, a capo della direzione sud europea dell’Ufficio internazionale del lavoro che fa capo all’Onu. Carotti è una banca dati vivente in materia di normativa fiscale europea e si divide tra gli uffici confindustriali a linoleum e armadi metallici di Viale dell’Astronomia, e i piani alti a parquet e boiserie del palazzo di via Uffici del Vicario dove si riuniscono i comitati tecnici della Commissione finanze della Camera. Con Parisi cresceranno, altrochè se cresceranno.

Julia Giavi Langosco