Montebello (Indipendente)

Quando la vittoria in una battaglia diventa storia, mito, leggenda

Se Felice Orsini nel gennaio del 1858 non avesse provato a uccidere Napoleone III ci sarebbe stata l’unità d’Italia? Quell’attentato fu sfruttato per dimostrare che la questione italiana esigeva una rapida soluzione mettendo in scacco la rivoluzione. Così finalmente l’imperatore e il conte di Cavour si accordarono. Il loro patto passò alla Storia come “accordi di Plombières”. Quell’intesa non prevedeva alcuna Italia unita, bensì la nascita di tre Stati: uno a Nord sotto Vittorio Emanuele; uno a Sud e uno al Centro dipendenti nella sostanza dalla Francia con il Vaticano confinato, ma pure al sicuro, nel solo Lazio. La Storia, come si sa, si mise a improvvisare. In questa improvvisazione ci fu una battaglia che se la cavalleria di Sua Altezza Vittorio Emanuele II avesse perso tutto sarebbe andato a monte. Anche gli accordi di Plombières. La storica battaglia di Montebello in cui gli austriaci furono respinti e sconfitti. Gli eroi di quell’impresa furono i Lancieri di Montebello. Oggi un libro giustamente li ricorda. Stefano Lucchini e Fabrizio Centofanti, due manager con la passione per la storia e il giornalismo, hanno scritto un agile libro in cui ricostruiscono la nascita, la crescita, il consolidamento e le trasformazioni della cavalleria piemontese: I Lancieri di Montebello edito da Vallecchi. Giusto il sottotitolo del libro: “Quando la vittoria di una battaglia si fissa nella memoria di un popolo”. Perchè l’onore e la gloria dei Lancieri è (anche se non è solo lì come bene documenta il libro) è nella storica battaglia del 20 maggio 1859, quando lo straniero fu non solo fermato, ma anche disorientato perdendo così le successive battaglie: Palesto, Magenta, Solferino e San Martino. Tutto, però, iniziò con Montebello. Cosa che poco o nulla viene sottolineato nella ricostruzione del Risorgimento fatta dai manuali di storia. Il merito del libro di Lucchini e Centofanti risiede proprio qui: nel ricordare l’importanza di quello “snodo” e nel riportare la descizione della battaglia che, invece, quasi mai è studiata. Il 20 maggio la cavalleria era così schierata: Novara aveva il comando di reggimento e due squadroni a Montebello; un altro squadrone si trovava sulla strada da Montebello e Verreto, mentre un altro era a Codevilla. Aosta, invece, aveva uno squadrone a Calcababbio (oggi Lungavilla) e due presso Pizzale. Monferrato aveva due squadroni a Voghera. “Il campo di battaglia nei pressi di Montebello”, scrivono gli autori, “era costituito da una zona piatta nel lato nord della strada in corrispondenza del tratto compreso tra Casteggio e Voghera. Il terreno presentava scarsa visibilità. A nord si alzavano, come oggi, i primi rilievi dell’Oltrepo pavese. Il villaggio di Montebello era situato in collina, mentre la piccola frazione di Genestrello verso Voghera, si trovava sul margine di Romera. Sulle alture e in pianura erano situate alcune ville residenziali e cascine”. La prima mossa toccò agli austriaci. Il generale Giulay, per eseguire la ricognizione di Voghera, aveva predisposto che ci si muovesse con l’obiettivo di tagliare la strada ai piemontesi. Nel loro passaggio gli austriaci non si risparmiarono: sterminarono la famiglia Cignoli in località Torricella, furono uccisi nove contadini accusati di favorire i piemontesi. I primi scontri con gli austriaci furono comandati da un veterano della guerra di Crimea: il capitano Corrado Gravetta di Villanovetta il quale con il Novara frenò l’avanzata della cavalleria austriaca. Ciò permise l’arrivo dei framcesi che si scontrarono con gli austriaci a Genestrello e ebbero la meglio. Fu allora che gli austriaci si disposero in difesa di Montebello. Ma presto capitolarono. La battaglia, cruenta, si spostò nelle campagne e ci fu lo scontro in campo aperto con gli squadroni di Monferrato al comando del valoroso tenente colonnello Tommaso  Morelli di Popolo che rimase sul campo, ma i suoi uomini respinsero lo straniero che ripiegò su Vaccarizza e si ritirò. I francesi persero 92 uomini, i piemontesi 17, gli austriaci 331. Una storica battaglia che risulterà decisiva nella storia del Risorgimento. Infatti… Infatti cosa avvenne? Gli austriaci furono affrontati a Montebello, quindi tra Alessandria e Piacenza. Le forze francesi e piemontesi diedero ad intendere al nemico (da qui il già citato disorientamento) di voler penetrare in Lombardia varcando il Po. Invece, passarono il Ticino dopo aver battuto ancora una volta il nemico a Palestro, mentre Peppino Garibaldi, avanzava a nord tra il Lago Maggiore e il Lago di Como. Gli austriaci dovettero ritirarsi per difendere Milano, ma ancora una volta vennero battuti dai franecsi a Magenta e così Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrarono a Milano l’8 giugno. Ancora non era finita: mentre Garibaldi prendeva possesso di Bergamo e Brescia, francesi e piemontesi vincevano a Solferino e San Martino, sulla riva meridionale del Lago di Garda. Gli austriaci furono costretti a ritirarsi oltre il Mincio. Il 24 giugno la guerra era finita e vinta. La Lombardia passava al Regno di Piemonte. Un altro e fondamentale passo verso l’unità d’Italia che nè Cavour nè Napoleone III sapevano che stavano realizzando. Ma i Lancieri di Montebello, che sarebbero nati ufficialmente il 29 agosto 1859, lottavano proprio per l’Italia.

Giancristiano Desiderio