Liberato il cane a sei zampe (PrimaComunicazione)

Il simbolo dell’Eni, voluto dal fondatore Mattei, è diventato il protagonista del processo di comunicazione
che punta all’affrancamento dal marchio Agip. Un lavoro complesso in cui si cimentano giovani artisti internazionali insieme ai creativi dell’agenzia Tbwa\Italia.

Sovvertendo i rituali dell’advertisement più classico, l’Eni – impresa integrata nell’energia, impegnata a crescere nell’attività di ricerca, produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione di petrolio e gas naturale – sembra avere tutte le intenzioni di proseguire nella strategia pensata da Stefano Lucchini, direttore relazioni istituzionali e comunicazione, e inaugurata quasi un anno fa avvalendosi di artisti meritevoli e giovani d’ingegno. Tbwa, l’agenzia di Eni, con la sua opera di scouting in giro per il mondo, sollecita forze creative fresche a cimentarsi sul marchio del cane a sei zampe. Risultato: campagne dotate di originalità e coerenza che riescono a comunicare non solo il prodotto, ma anche l’azienda guidata dall’amministratore delegato Paolo Scaroni. Lo stesso Scaroni ha voluto testimoniare attenzione alla comunicazione del suo gruppo quando, in occasione della sua recente partecipazione all’inaugurazione del master di Publitalia, davanti ai vertici di Mediaset, agli studenti e allo squadrone degli agenti di Giuliano Adreani, ha raccontato, tenendo in mano un peluche del cane a sei zampe, storico simbolo del gruppo, la campagna di pubblicità attualmente in corso per promuovere la nuova offerta ‘Eni gas e luce’ di cui tutti i protagonisti sono pupazzi animati. Primi attori sono il dottor Bang e il cane a sei zampe, creati dall’artista Andrea Rugolo seguendo le indicazioni dell’agenzia Tbwa\Italia.
Lamberto Dolci, responsabile immagine e pubblicità di Eni, si dice soddisfatto dell’esperienza di questi ultimi tempi che ha fatto “conoscere a un pubblico molto ampio il talento di più di un centinaio di giovani creativi”. Tanto compiacimento è legato anche alla “conferma che il nostro logo ha un’identità così solida e talmente ben codificata da rendere efficace un’operazione altrimenti impossibile”. Necessario è però anche fondere la propria strategia comunicativa sulla coerenza evitando di produrre fuochi fatui. “Siamo stati molto severi al momento di definire le linee guida del progetto”, dice Dolci, persuaso che Eni abbia centrato un altro obiettivo strategico. “Siamo riusciti a “liberare” il cane. Fino a che era incorniciato nel simbolo ed era legato a due marchi, da una parte Eni e dall’atra Agip, era impossibile fargli prendere vita e muoverlo, innalzarlo totemicamente come abbassarlo al livello del linguaggio quotidiano. I due riferimenti funzionavano da ostacolo insormontabile, erano insomma i guinzagli a cui rimaneva legato”. Una parte importante del processo di comunicazione, l’affrancamento dal marchio Agip, pare essere infatti a buon punto. “Entro la fine dell’anno saranno già 500 le stazioni di rifornimento targate Eni e nei prossimi mesi cambieranno anche le tute del nostro personale di servizio e le altre stazioni che ancora mancano all’appello”. È fuori di dubbio che l’uso di un solo simbolo e un solo nome aumenti la visibilità e l’autorevolezza di un’azienda. “Stiamo monitorando tutte le campagne”, continua Dolci, “e l’aspetto più interessante e positivo è che ogni singola operazione funziona di per sè senza cadute o picchi. Ora le curve di ricordo non decadono tra una campagna e l’altra con la stessa velocità di prima e il marchio rimane “acceso”. La ragione sta anche nel fatto che prima si alternavano campagne Agip e campagne Eni, mentre ora è solo Eni che va on air ottenendo una moltiplicazione dell’efficacia”. Esclusi i ripensamenti. “Questa operazione può durare ancora molto a lungo proprio perchè non è classica, perchè abbiamo sparigliato le carte rivoluzionando lo strumento e ci stiamo divertendo a constatare che i risultati che si producono sono ottimi”, dice Dolci. “Perchè cambiare? Diamo lavoro a giovani talenti italiani ed esteri, le campagne funzionano, Tbwa ha scoperto con noi un nuovo modo di fare agenzia. E noi, a nostra volta, che fare comunicazione in questa maniera più alta e sfidante alla fine non costa nemmeno un euro in più di quella tradizionale; è solo un modo diverso, e per noi più saggio e stimolante, di investire”. Tra i talenti emersi, Dolci cita il musicista Raphael Gualazzi, pianista e compositore “lounge” che lavora con la Sugar di Caterina Caselli. Un suo brano, “Reality and Fantasy”, è il più scaricato della compilation “Hotel Costes 14” che impazza su iTunes sia in Europa che nelle classifiche americane. E in Italia il suo primo Ep, che contenteva anche la versione rielaborata di “Don’t Stop” dei Fleetwood Mac, scelta come colonna sonora dello spot di Eni, è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Tra gli altri talenti Hennie Haworth, illustratrice ventisettenne che lavora a Londra. Quindi Maya Mihindou, classe 1984, anche lei un’illustratrice molto innovativa e apprezzata, come del resto la venticinquenne australiana Genna Campton. E infine Kazuko Nomoto ed Eduardo Recife. Stefano Fontana di Tbwa, talent sout dell’operazione, sottolinea che l’artista israeliana della sand art, Ilana Yahav, utilizzata per la bella campagna istituzionale, “ha conquistato una visibilità che le è valsa, oltre a una notevole attenzione dei media, altre committenze a livello internazionale. “Ma lavorare per Eni”, continua, “ha fatto bene anche alla carriera di Antonio Pio Saracino, italiano a New York, autore della rivisitazione del cane a sei zampe per i trofei della Formula Uno, Moto Gp, Rally e Superbike”. Il talent manager di Tbwa sottolinea anche la varietà degli ambiti di ricerca indagati e monitorati. “Oltre ai più tradizionali scatti fotografici e alle illustrazioni, vanno segnalate le animazioni digitali del team di Amsterdam Nine878 e Lordh per un progetto di comunicazione interna, le incursioni nel mondo della street art di Giorgio Bartocci o Matteo Milaneschi, i costumi creati per l’African Day di Milano dalla fashion designer Mary Serah Koroma…”. Fontana ammette di avvalersi anche di consulenze importanti: “è stata fondamentale la collaborazione con le scuole di eccelleza: su tutti, citerei il caso della giovane inglese Amy Bear, multimedia textile designer della Loughborough University, e quello della graphic designer tedesca Tammy Maas, diplomata presso la Middlesex University di Londra. A New York ho di recente incontrato i referenti di strutture specializzate e di eccellenza come la Parsons School for Design, il Pratt Institute di Brooklyn, la School of Visual Arts. Sono contatti che ci servono per avere un database aggioranto e preventivo utile anche per i nostri clienti”.

Emanuele Bruno