Al centro delle cose, quando lo scrittore è il commisssario (Il Messaggero)

Un libro di racconti in cui dieci allievi della scuola superiore di Polizia diventano narratori rivoluzionando ogni luogo comune.

“È per questo, tra le altre cose, che sono diventato poliziotto. Per essere al centro delle cose”. La frase di Albert Camus ispira il titolo di questo volume di racconti degli allievi del 102° Corso di formazione per Commissari della Polizia di Stato, Al centro delle cose, la cui lettura rivoluziona il viziato schematismo cui siamo fatalmente sottoposti nei confronti della personalità delle forzedell’ordine. Il merito è della direzione illuminata e avanguardista del dirigente generale della Polizia, Roberto Sgalla, e della ingegnosa progettualità di Stefano Lucchini, direttore delle relazioni esterne e internazionali dei gruppo Eni. Sgalla ha ridefinito la mission della Scuola Superiore da “casa della cultura della Polizia” a “casa della cultura condivisa e partecipata”. Un’urgenza ispirata alla visione della “società del rischio” di Beck e della “società liquida” di Bauman e dalla necessità di avere commissari capaci di affrontare le dinamiche di una società da contorni sfuggenti e dalle dinamiche imprevedibili, di assumersi responsabilità e funzioni diversificate, non sempre legate alla solita routine professionale, di sviluppare e gestire relazioni a qualsiasi livello. Stefano Lucchini ha voluto scardinare lo stereotipo di una Scuola tutta rigore e rispetto delle regole, frequentata da allievi tutti votati alla disciplina, privi di immaginazione e di passioni. Intuizione pienamente rispecchiata dagli allievi, dalla loro capacità di mettersi in gioco. Come dice José Mourinho, un bravo allenatore non deve contare solo sulla competenza dei suoi giocatori, ma soprattutto sulla loro motivazione. C’è un elemento personale e psicologico che vale molto più di ogni capacità tecnica. Con la stessa genialità di Mourinho, con spirito incalzante e sognatore, Lucchini si è fatto allenatore dei dieci futuri commissari di Polizia divenuti i narratori di Al centro delle cose. Il libro si inserisce nella stranissima schizofrenia che vive la figura del poliziotto nel nostro paese. Il dissidio tra l’immaginario collettivo che lo percepisce come persona fredda, distaccata, sempre pronta a sanzionare e reprimere e quella vera e propria epopea che vive la letteratura poliziesca grazie a magistrati come Carofiglio e De Cataldo o poliziotti come Di Cara, Matrone, Giuttari, che traducono in fiction la loro conoscenza diretta delle indagini e del sistema giudiziario. Cui dobbiamo aggiungere il Montalbano di Camilleri e il successo delle varie trasposizioni cinematografiche.

LE ORIGINI
Nella sua prefazione Corrado Augias definisce “caramellosa” l’immagine di questi sceneggiati, preferisce ricollegare il libro alle origini, al signor Dupin di Edgar Allan Poe, al Pasticciaccio di Gadda, ricordando come il mestiere del commissario sia quello di trovare il bandolo del garbuglio per scioglierne lentamente, abilmente ogni nodo, talvolta da soli, più spesso con l’aiuto della loro squadra, alle volte col conforto dell’opinione pubblica, altre volte nella solitudine dell’eroismo del dovere. Della materia multiforme di questi nodi sono fatti i dieci racconti che compongono il libro. Elaborati con sagacia temporale, empatia vigilata, scrittura moderna e serrata da tutti e dieci i commissari, che, pur non sapendolo, hanno superato un altro, ben più difficile, duplice concorso: crescere in umanità, professionalità e diventare scrittori nello stesso tempo.

Andrea Velardi