Intervento di Stefano Lucchini al Meeting di Rimini 2021

Quando nei giorni scorsi ho cominciato a raccogliere le idee per il nostro incontro di oggi mi è venuta in mente questa frase di Aristotele: “Le idee camminano sempre sulle gambe degli uomini” e da che esiste l’uomo è stato e sarà sempre così!
Viviamo anni complicati in cui la storia sembra riavvolgersi tra chi possiede il tempo e chi sa usarlo, anni in cui le certezze diminuiscono e bisogna lottare contro il pericolo dell’arretramento dei diritti (ma ricordandosi che esistono anche i doveri), anni in cui per la prima volta dal dopoguerra i figli avranno difficoltà a migliorare la propria condizione rispetto ai padri, ed è questa la più amara considerazione che oggi possiamo fare sullo stato dell’arte del lavoro. Ma anche anni in cui abbiamo consapevolezza che è difficile l’entrata nel pianeta lavoro e che la permanenza stessa non è più garantita come nei decenni scorsi, e questa è u na condizione persino più dura e amara per chi si trova a viverla magari a cinquant’anni
Ma dobbiamo guardare con fiducia al futuro e fare tutto quanto è in nostro potere per migliorarlo, e per questo ringrazio con particolare affetto Bernard Scholz, Giorgio Vittadini e i ragazzi e le famiglie che sono la spina dorsale del Meeting e che, come ha giustamente sottolineato il presidente Mattarella, “trasmettono passione, solidarietà, capacità di ascolto e di dialogo”, per aver organizzato con cura ed entusi asmo l’appuntamento che in epoche e tempi diversi riesce non solo ad essere sempre se stesso, con le certezze e la visione di una comunità vasta e appassionata, ma anche a catalizzare l’interesse dell’opinione pubblica più larga con i temi che affronta. E permettetemi di salutare il Ministro Giorgetti, di cui apprezz iam o l’operato, l’amico Luigi Gubitosi e Luca Ruini [presidente Conai].

Quest’anno a Rimini, non a caso, è centrale il tema del lavoro che ha percorso ogni sera le giornate del Meeting, con protagonisti e sfumature diverse ma con un unico obiettivo: fare delle persone in particolare giovani, le protagoniste della ripresa economica e dello sviluppo sostenibile, e farlo attraverso il lavoro, l’unica risposta concreta che una società matura e consapevole deve dare prima di ogni altra cosa, altrimenti rischia di parlare al vento.
Il lavoro, di c ui Giorgio Vittadini ha fornito nelle settimane scorse ai media i dati che ne documentano l’emergenza (in Italia su 100 persone tra i 15 e i 65 anni solo 58 lavorano, in Europa sono 68 e in Germania 76, mentre il Covid ci ha fatto perdere 900 mila posti di lavoro), sarebbe un tema meno spinoso se tutti noi non sapessimo che si riparte dalla pandemia, un evento epocale e, per la prima volta nella storia dell’uomo, globale. I vaccini, nonostante le varianti, stanno riducendo la mortalità del virus ma questo s ignifica che il next normal sarà la convivenza organizzata, vigile e attenta, con la peste del terzo millennio. E la trincea più importante dopo quella sanitaria dovrà essere quella della cura per il lavoro, affinché il virus non aggiunga nuove discriminazioni e scavi nuovi fossati tra le persone e nella società: per esempio, tra chi può anche lavorare da casa e chi invece deve rischiare di più perché deve recarsi in fabbrica o sui cantieri, magari in autobus o metropolitane affollate. E, soprattutto, come fece magistralmente notare Mario Draghi nel suo intervento di un anno fa qui al Meeting, dobbiamo ricordarci che la pandemia sta “rubando futuro ai giovani”. Lo sta rubando nel debito che dovrà essere ripagato proprio dai giovani, nell’istruzione e nella f ormazione che di fatto si è interrotta o comunque, essendo solo in parte in presenza, è meno efficace. “Privare i giovani del futuro è la più grave forma di disuguaglianza”, disse Draghi e noi non possiamo che sottoscrivere.
Da allora c’è una differenza e non è di poco conto: l’autore di quell’intervento, che è davvero importante e completo e che tutti noi ricordiamo è al governo del Paese e sta mettendo in pratica quanto affermato un anno fa, con idee chiare e capacità di decidere quando non vi è l’accordo generale. Come cittadini siamo certi che le riforme legate ai fondi europei possano costituire l’ossatura di una società che dia sempre di più ai giovani, alle donne e alle famiglie il ruolo che ad essi e ad esse spetta, per far ripartire la demografi a, e quindi la speranza e la scommessa sul futuro, magari rimettendo in moto quell’ascensore sociale al quale tutti noi delle generazioni precedenti a quella attuale dobbiamo molto. Credo anzi che questo sia il momento giusto per ripensare a quella program mazione economica e sociale che aveva contraddistinto l’Italia che voleva cambiare passo quando il boom economico si era affievolito: ci sono le risorse, e dunque i relativi piani non possono essere solo capitoli di spesa ma devono avere una visione, un’id ea di futuro.
L’opportunità senza precedenti rappresentata dal programma N ext G eneration E uropean U nion (una denominazione dal significato di grande portata) dovrebbe invitare tutto il paese a dotarsi di uno sguardo nuovo verso le generazioni più giovani.
In Italia un ragazzo alle prime esperienze lavorative se fortunato a tempo indeterminato può contare su una retribuzione insufficiente per una programmazione del futuro: acquisto di una casa, vita di coppia, figli. Spesso una ipotesi di retribuzione inferiore ai loro coetanei francesi o tedeschi o inglesi spinge i nostri ragazzi ad andare all’estero.
La vera sfida del nostro Paese dal maggior significato prospettico rispetto persino alle grandi riforme è quella di intervenire su questo aspetto s trutturale della nostra economia, della nostra società.
Mettere i giovani in condizioni di guardare al futuro con maggior serenità, investire su un maggior potenziale demografico significherebbe dar vita a una comunità più giusta, più coesa, più forte.
Vorrei racconta re brevemente come evolve una Banca moderna e dinamica come noi vogliamo essere.
Oggi tutti ‘vanno in banca’ con il telefonino o via computer. Nei primi sei mesi del 2021 abbiamo avuto 12 milioni di clienti multicanale e 7,5 milioni di utilizzatori della nostra App. Per rispondere a queste nuove abitudini, fortemente spinte con la pandemia, in Banca sono nati negli ultimi anni molti nuovi mestieri nel digitale, per la sicurezza informatica, per la gestione della mole di dati relativi a i 13,5 milioni di clienti di Intesa Sanpaolo Per coprire le nostre esigenze abbiamo da tempo intrapreso due strade.
Collaboriamo con oltre 60 atenei in Italia e alcuni all’estero come Oxford e Cambridge per formare profili utili e per lo scambio di conosce nze qualificate. Questa forte rete di relazioni costituisce anche il bacino di elezione per le nostre assunzioni 3.500 giovani entro il 2024 dato che oltre l’80% delle persone che assumiamo è laureato.
Per venire incontro alle nuove richieste date da lla digitalizzazione abbiamo inoltre un importante progetto interno di re skilling che ha interessato 5.000 colleghi a cui vengono fornite competenze adeguate e l’opportunità di ricoprire nuovi ruoli.
Per superare la distanza tra domanda e offerta di lav oro, una delle questioni paradossali dei nostri giorni, il progetto Giovani e Lavoro nato quattro anni fa dall’ascolto delle imprese nostre clienti forma giovani disoccupati portandoli a professioni nel commercio, nella ristorazione, nella programmazione informatica, e li accompagna verso le aziende bisognose di risorse già formate ad hoc
Credo sia utile dare questi esempi per spiegare come una grande istituzione finanziaria che potrebbe sembrare lontana dalla vita di ognuno può invece avere un impatto economico e sociale rilevante se governata con l’attenzione costante e continua al paese reale, cioè ai bisogni effettivi dei cittadini e delle imprese.
Intesa Sanpaolo spicca nella sostenibilità sociale.
Abbiamo uno dei più vasti progra mmi di riduzione delle disuguaglianze in Italia che ha permesso di distribuire 20 milioni di pasti, posti letto, farmaci, medicine.
Abbiamo donato oltre 120 milioni di euro per la sanità pubblica, incluse le donazioni personali da parte del CEO Carlo Mess ina, del Consiglio di Amministrazione, del top management e dei dipendenti, con cui sono stati realizzati 36 reparti e laboratori diagnostici specialistici Covid.
Abbiamo potenziato le misure di inclusione finanziaria agevolata per il Terzo settore, alla rgandole a categorie dipersone con difficoltà di accesso al credito: studenti, giovani mamme, beneficiari della Legge 104, spese scolastiche e di studio, giovani che si impegnano nel servizio civile e, con 10 milioni di raccolta la nostra piattaforma di raccolta fondi per progetti non profit Forfunding è prima in Italia [secondo il report 2020 di Starteed “Il crowdfunding in Italia”].
Tutto questo è in aggiunta a l nostro supporto all o sviluppo economico di imprese attraverso l’attività creditizia che permette a famiglie e imprese di realizzare progetti e crescere. Cito solo un dato l’erogazione di 400 miliardi di euro a imprese e famiglie, il doppio delle risorse del Pnrr [140 miliardi a famiglie, 120 miliardi alle imprese con fatturato fino a 350 milioni e 150 miliardi a imprese con fatturato superiore a 350 milioni].
Il presupposto di questo impegno e della sostenibilità ESG di Intesa Sanpaolo è la sua solidità economica A inizio agosto abbiamo confermato risultati eccellenti anche per il primo semestre 2021 nonostante la situazione Senza entrare in tecnicismi, cito un solo dato mi sembra significativo in questo contesto daremo quattro miliardi di euro di dividendi, buona parte dei quali alle Fondazioni che a loro volta li destineranno secondo la loro vocazione statutaria alla crescita dei territori e delle comunità.
Il lavoro del futuro? L’intelligenza artificiale è già una realtà ed è basata sugli algoritmi che ci danno la possibilità di espandere le nostre domande e di avere risposte in tempo reale prima inimmaginabili ma rischia di renderci soggetti più eterodiretti di quanto pensiamo e spesso dobbiamo fare dei veri e propri sforzi per recuperare capacità critica.
Si affacciano perciò scenari in cui la relazione tra l’uomo e la realtà è mediata dalla macchina. Proprio per indagare queste evoluzioni con il nostro sostegno sta nascendo a Torino un corso di psicologia applicata all’innovazione digitale che ha come obiettivo mettere l’essere umano al centro della progettazi one e della gestione digitale in una prospettiva etica. L’abbiamo presentato di recente al nostro grattacielo di Torino con Mons. Nosiglia [Arcivescovo di Torino]
Di fatto, come dice spesso ai suoi studenti alla Luiss il professor Benanti, quello che ac cade è che sono sistemi fondati sulle macchine che dicono all’uomo cosa significa e cosa vuol dire il reale. Tutti gli ambiti della nostra realtà sono ora soggetti non più a una mediazione diretta tra ll’uomo e questi ma relazioni mediate da artefatti. Grazie alla presenza pervasiva della intelligenza artificiale sono artefatti che toccano il modo di capire, sentire, pensare e sperare dell’uomo.
Un Paese si rilancia se insieme alla capacità di formazione delle persone nasce una coesione sociale data dalle opportunità che ognuno deve avere per intervenire nel piccolo e nel grande luogo di vita e di lavoro. Novantuno anni fa John Maynard Keynes in una conferenza a Madrid intitolata “Prospettive economiche per i nostri nipoti”, prospettive traguardate su cento anni dopo, disse: “saranno solo coloro che sanno tenere viva, e portare a perfezione ll’arte stessa della vita, e che non si vendono in cambio dei mezzi di vita, a poter godere dell’abbondanza, quando verrà. Eppure non esiste paese o popolo, a mio avviso che possa guardare senza terrore all’era del tempo libero e dell’abbondanza. Per troppo tempo, infatti, siamo stati allenati a faticare anziché godere. Per l’uomo comune, privo di particolari talenti, il problema di darsi unun’occupazione è pauroso, specie se non ha più radici nella terra e nel costume o nelle convenzioni predilette di una società tradizionale”.
Mancano nove anni alla scadenza della visione del grande economista inglese ma il tema è già da qualche decennio attualissimo: abbiamo le tecnologi e digitali, abbiamo introdotto il tema della sostenibilità, e cerchiamo di trovare un equilibrio tra qualità della vita, consumi e risparmi, anche se le capacità di spesa di gran parte della società sono per lo più assorbite da consumi standardizzati. Sapp iamo che con la sostenibilità avanzano nuovi modelli nellnell’uso delle risorse (green economy, sharing economy, circular economy, bioeconomy), nell’uso delle competenze diffuse (open innovation, crowdsourcing), nell’accesso all’informazione (platform economy), nell’accesso ai finanziamenti ( sustainable bond), abilitati dalle nuove tecnologie e dal digitale. Ma se non vogliamo che queste formule diventino come il latinorun seicentesco, cioè un linguaggio che divide una società affluente da un’altra sofferente, dobbiamo capire che si tratta di sfide che chiamano ad unun’azione comune la rappresentanza politica e sociale, le banche e le imprese, le comunità, le istituzioni e i cittadini.
Quel che è certo è che stiamo entrando in una nuova dimensione dove bisogna mettere in discussione le nostre certezze, riuscire a distinguere tra passato e futuro, sapere che i mestieri e le professioni sono sempre più percorsi e somme di esperienze che competenze univoche e sviluppi verticali di quelle che una volta si chiamavano carriere.
Tutti noi siamo spettatori e protagonisti del rimbalzo che i centri di previsione economica nazionali e internazionali si aspettano dopo i duri colpi della crisi, rimbalzo che dipende sia dalla forza della nostra manifattura sia d allosforzo collettivo dell’Europa che di fronte alla pandemia ha avuto per la prima volta un colpo di reni. Dobbiamo riconoscere che senza questa azione comune, dell’Europa e delle nostre imprese, sarebbe pressoché impossibile assicurare i necessari inves timenti in digitale, trasporti, energie pulite, educazione e formazione e, ovviamente, rispondere alla crescente povertà e allall’aumento delle diseguaglianze e fare in modo che la pandemia non lasci in particolare ai giovani più debiti che speranze.
In questa nuova dimensione dobbiamo avere cura non solo, come cantava Franco Battiato, di chi “è un essere speciale” ma anche e soprattutto essere consapevoli di dover avere più care di prima le nostre relazioni significative ( professionali, educative, sanitarie, pubbliche), quindi tenere d a conto i lavori che ne garantiscono la stabilità e che permettono ai singoli e alle comunità di intessere nuove culture e circuiti più solidali di società.
Nella pandemia, i lavori più preziosi sono stati e sono proprio quelli di cura (dai medici ed infermieri ai lavoratori dei servizi di trasporto, agli addetti ai supermercati che ci hanno garantito gli approvvigionamenti durante le chiusure). Dobbiamo fare in modo che la solidarietà naturale tra familiari, amici o condomini durante le fasi acute della pandemia diventi sussidiarietà più stabile e continua, con effetti positivi sulle organizzazioni e le istituzioni (anche di rilegittimazione del potere pubblico laddove ha saputo agire bene) in una visione più consapev ole dell’interesse collettivo che avvicini perdenti e vincenti di questa fase storica, perdenti e vincenti di cui ci accorgeremo quando la nebbia del virus comincerà a diradarsi.
Di fronte al virus, abbiamo vissuto sulla nostra pelle il fatto che siamo tu tti interdipendenti, che le nostre vite sono legate le une alle altre, che i nostri comportamenti condizionano i destini altrui e viceversa. La pandemia ci ha messo a confronto con una domanda di senso individuale e un’altra, altrettanto importante quanto spesso disattesa, di senso collettivo. Non possiamo predeterminare gli avvenimenti, ma questo non vuol dire che non siamo liberi e che non possiamo organizzarci per rispettare regole minime nell’interesse generale.

Parlando di “regole minime nell’interesse generale”, non vorrei che, presi dalla passione per il futuro, ci dimenticassimo del presente che vede un freno nello sviluppo proprio nella mancanza di mano d’opera più o meno qualificata. Si tratta di un tema che investe molteplici aspetti della nostra vita sociale ma è certo che lo sbilancio tra domanda e offerta è un elemento che investe soprattutto il Nord in modo sorprendente. Da una parte ci sono le ambizioni familiari che spesso spingono ragazze e ragazzi su strade formative non adeguate per tutti e che finiscono per generare insuccessi e frustrazioni personali. Dall’altra c’è un tessuto industriale e commerciale che chiede una flessibilità nella disponibilità di mano d’opera che resta lettera morta.
È evidente che qualcosa vada registrato in questo rapporto proprio per alimentare un nuovo mercato del buon lavoro e generare risposte adatte a una ripresa che deve trovare nella qualità uno dei suoi elementi qualificanti. I giovani (e le loro famiglie) dev ono essere esposti a una vera propria Borsa del Lavoro che deve essere in grado da una parte di mettere in evidenza la domanda e le sue qualificazioni, dall’altra offrire gli strumenti minimi di formazione professionale per avviare la risposta a questa domanda. Certamente il mondo delle istituzioni e della politica ha offerto una varietà di strumenti per questo problema ma non si è mai riusciti a far sintesi in modo trasparente ed efficace, come oggi dovrebbe essere possibile. C’è chi si è interrogato sul t ema e la grande consulenza ( McKinsey) ha cominciato a proporre soluzioni. Ma non c’è dubbio che proprio la tecnologia, l’informazione e le nuove tecniche formative possono accelerare la creazione di sistemi che coniughino in modo più diretto la formazio ne con le reali esigenze del mercato del lavoro.

Durante il primo lockdown, Papa Francesco ebbe a dirci che “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla». Il Pontefice lo ha ribadito proprio nel messaggio di buon lavoro al Meeting, dove ha sottolineato anche le parole del Servo di Dio Luigi Giussani: “dubbiezza e comodismo sono i nostri due nemici”. Lascio alla riflessione di tutti noi anche un’altra affermazione di Don Giussani: “custodire e incrementare il desiderio nellnell’uomo che lavora e inve ste è la condizione per favorire unun’esistenza che persegua e compia il proprio destino e nello stesso tempo sia la premessa per un nuovo sviluppo”.

Vorrei chiudere questa occasione di confronto con un messaggio ai giovani che sono qui in platea in questo Auditorium intestato a Intesa Sanpaolo, o che hanno avuto la pazienza di seguirci in streaming: voi siete il Capitale Umano di oggi e del futuro, conoscete più di noi il valore della sostenibilità che è la chiave necessaria per aprire ogni strada, e sono certo che ai nostri tempi come oggi i “fondamentali” restano gli stessi: talento, capacità di innovazione, merito e quindi reputazione. Dunque, poiché il futuro è di chi lo sa immaginare, vi prego di farlo davvero, di lottare per i progetti che avete in m ente e di farlo a testa alta perché il mondo è vostro e noi lo abbiamo in prestito da voi.

Con queste parole di incoraggiamento termino e vi ringrazio.