Enrico Mattei 50 anni dopo: Fare impresa, veicolare cultura: ecco perchè noi ci crediamo (Gli Altri)
Uno dei dibattiti più animati negli ultimi anni – complice il perdurare di una crisi economica piuttosto articolata – ruota intorno al problema dell’emergenza culturale del nostro Paese. L’ultimo rapporto di Federculture sottolinea come al crollo dell’investimento pubblico nel settore cultura e alla progressiva riduzione dell’offerta si accompagni paradossalmente dal 2008 al 2011 un aumento costante della domanda, sempre meno opzionale e radicata in tutti gli strati della popolazione. Gli italiani anche in questo periodo così difficile non hanno smesso di visitare i musei, di andare a teatro, di andare al cinema. Scelgono, è vero. E selezionano in base alla qualità. Questo naturalmente è un elemento estremamente positivo e senz’altro stimolante, per chi, come Eni, ha fatto della cultura il terreno di incontro dei propri stakeholder. Gli italiani ci danno indicazioni chiare che ci consentono di progettare in linea con i loro desideri e le loro aspettative. Ecco perchè, quando abbiamo deciso di unire alla qualità dell’offerta culturale anche l’accesso gratuito – per venire incontro proprio alle minori disponibilità economiche – il successo delle iniziative si è rivelato straordinario e al di sopra delle aspettative. La città di Milano, da questop unto di vista, ha rappresentato per noi un laboratorio eccezionale, un terreno ideale per coltivare iniziative in ambito culturale: lo dimostra l’apertura gratuita dei musei cittadini nel periodo estivo, che ha portato in pochi mesi ad un incremento senza precedenti del numero dei visitatori. Ma Milano è solo lo specchio di un intero Paese che da nord a sud ha voglia di riscatto, vuole tornare ad essere protagonista, colto e reattivo, capcae di cogliere il senso delle operazioni proposte. Sono ormai più di sessant’anni che Eni ha fatto della cultura un linguaggio privilegiato per dialogare con le persone. In una stagione di “imprenditori umanisti” e di “letterati d’impresa”, come quella degli anni del boom economico, la politica culturale di Enrico Mattei si distinse da subito per la capacità di coinvolgere dipendenti e stakeholder sui temi dell’arte, del cinema e della letteratura, secondo una logica moderna di corporate welfare, in netto anticipo sui tempi. Per questo motivo nel 1955 Mattei sceglie il poeta e critico d’arte Attilio Bertolucci come responsabile della comunicazione interna, affidandogli la direzione del giornale aziendale. Il Gatto Selvatico, diretto da Bertolucci fino alla morte di Mattei, diventerà una tribuna creativa popolata dai grandi protagonisti della cultura, da Leonardo Sciascia a Natalia Ginzburg, da Alberto Moravia a Carlo Emilio Gadda. Anche la comunicazione esterna di Eni viene affidata in quegli anni ad artisti di grande calibro, dallo scultore Luigi Broggini, padre del celebre cane a sei zampe, al regista Bernardo Bertolucci, autore a soli ventiquattro anni di un documentario sul viaggio del petrolio dell’Iran al cuore dell’Europa Centrale. È poi Mattei in persona a presentarsi in quegli anni nelle vesti di collezionista promuovendo nel 1958, presso la Permanente di Milano, un concorso per giovani artisti emergenti che si sarebbero di lì a poco affermati sulla scena internazionale come i fratelli Giò e Arnaldo Pomodoro. Esiste dunque nel dna di questa azienda un senso critico maturo, che ha radici molto profonde. Ecco perchè ci occupiamo ancora oggi di cultura e di arte. Perchè lo abbiamo sempre fatto. Alla qualità e all’accesso gratuito, si affiancano poi nella nostra strategia culturale di Eni almeno altri due assi portanti: la partnership e la promozione dei giovani talenti. Nel caso specifico delle esposizioni gratuite nella Sala degli Alessi a Palazzo Marino, la partnership con il Louvre ha contribuito ad alzare il livello di notorietà dell’evento. Questo sodalizio, unico nel suo genere, ci dice che Eni dialoga alla pari con una delle più importanti istituzioni culturali al mondo, comunicando all’esterno rispettabilità, prestigio ed eccellenza. Se a questo poi si aggiunge la novità della formula espositiva (un unico grande capolavoro accessibile a tutti) e la varietà degli strumenti di approfondimento messi in campo (visite guidate per le scuole, catalogo, web application) si comprende il trend vertiginoso degli spettatori negli ultimi anni: 160 mila nel 2009, 180 mila nel 2010 fino ad arrivare ai 210 mila dell’ultima edizione. Numeri che hanno fatto, di un evento nato come “sperimentale”, un appuntamento atteso da tutti i milanesi, anche quelli più giovani. A questi in particolare abbiamo scelto di dedicare l’appendice dell’evento che prevede il riuso, da parte di giovani artisti di talento, degli allestimenti e delle scenografie utilizzate per esporre le opere del Louvre. Un modo, questo, davvero innovativo per lasciare nel territorio una parte dell’esperienza espositiva di Palazzo Marino, che continuerà a vivere tra i ragazzi delle periferie di Milano. Noi crediamo davvero che uno dei compiti dell’impresa sia quello di veicolare conoscenza e cultura, ad ogni livello. Per questo abbiamo rivolto alle nuove generazioni una parte consistente delle nostre attività progettando ormai da diversi anni sistemi educativi che sposano innovazione e multimedialità. Quando parlo di cultura non dimentico poi il fatto che Eni, in questi anni, ha contribuito alla valorizzazione del proprio archivio storico, che conserva nei suoi documenti, nei suoi filmati, nelle sue fotografie, un pezzo di storia economica del nostro Paese. La conoscenza delle radici di Eni è stata inoltre alla base di un intenso lavoro sulla corporate identity in occasione dell’ultimo restyling del brand. Una mostra itinerante, dedicata al cane a sei zampe “fedele amico dell’uomo a quattro ruote” (secondo il felice slogan di Ettore Scola) ha attraversato più di venti tappe, in Italia e in Europa, comunicando un messaggio forte e allo stesso tempo molto semplice: quello che eravamo abbiamo sempre continuato ad esserlo. Per concludere, credo davvero che cultura e impresa possano trasse l’una dall’altra benefici reciproci. Da una parte la cultura, valorizzata e comunicata secondo una progettualità d’impresa riesce ad arrivare ad un numero maggiore di fruitori; dall’altra l’impresa è in grado di generare, attraverso la cultura, un miglioramento continuo della società che la circonda.
Stefano Lucchini