Reticenti, non bugiardi (Style)

“L’altro giorno ci telefona un ufficiale della Guardia di Finanza...Sapete com’è... Tu sei in regola con il fisco, lavori per un’azienda che non ha niente da temere... Eppure... Invece ci dice: “Volevo chiederle l’autorizzazione ad adottare il vostro libro come manuale per il corso di studi dei nostri specialisti”. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo e ci siamo sentiti orgogliosi del nostro lavoro”. In questo caso il lavoro è il “manuale” che Gianni di Giovanni e Stefano Lucchini hanno pubblicato: Niente di più facile, niente di più difficile. Ha ragione l’ufficiale della Finanza: qui c’è tutto quanto si deve sapere per (provare a) entrare nel mondo della comunicazione. L’hanno scritto, appunto, due comunicatori che oggi lavorano fianco a fianco in Eni. Prima hanno girato il mondo, uno a Est, uno a “Ovest di Paperino”, e poi, nel 2005, si sono ritrovati qui: nella Pagoda, il palazzo più sfizioso della sede dell’Eni a San Donato, alle porte di Milano. Di Giovanni ha 47 anni e tre figli, Lucchini 48 e due eredi. Al primo piace il gioco del golf ma ha poco tempo per praticarlo, il secondo ama l’arte e nei convegni che lui stesso organizza si siede tra il pubblico e fa finta di niente. Hanno a che fare con un mappamondo di contatti che abbraccia 177 idiomi, 77 Paesi, 28 religioni. In più: giornali, televisioni, radio e l’universo internet. Il loro libro è un manuale pratico, ma anche un trattatello di filosofia dei doveri. Prima regola: non mentire. Ma si può con il mestiere che fate? “Rispondiamo con il titolo della biografia di Franca Valeri: Bugiarda no, reticente”. Le citazioni piacciono. Ad esempio, come diceva Enrico Cuccia: “Per un alto dirigente è più grave parlare con i giornalisti che scappare con la cassa”. Ma, si sa, i tempi cambiano e loro con la stampa parlano (e non scappano con la cassa). “nell’era della comunicazione globale” dicono “non si possono più tenere segreti. Allora le cose meglio dirle e, soprattutto, farsi capire”. Finito il mito di buon comunicatore uguale creativo che dalla sua torre d’avorio centellina slogan apodittici come sentenze? “Certo il creativo che s’innamora delle proprie idee è sterile. Oggi dev’essere un manager che tempera la sua creatività con la sana bilancia di costi/benefici. Dalla capacità di far intendere all’esterno la mission di un’azienda dipende, in buona parte, il successo di un’impresa”. Tradotto: se l’Eni fa una campagna (“Eni 30percento”) che invita a consumare meno energia, non è la paradossale trovata di un paio di genialoidi, bensì un modo per far durare di più la fonte (il petrolio) da cui l’energia arriva. E poi il buon nome, come si diceva una volta... “La reputazione è il primo bene di un’azienda. Noi diciamo che l’azienda senza reputazione è nulla” ci dice Di Giovanni. Francesco Cevasco