Se i banchieri diventano sceriffi della trasparenza (Il Mondo)

Toccherà a loro ricucire il rapporto di fiducia con i clienti Due anni di ricerche, 200 persone coinvolte nel progetto, e alla fine la decisione del mondo bancario: voltare pagina nei rapporti con i clienti. Quindi, dal prossimo ottobre, via libera all’operazione Patti chiari. E’ un impegno, ma anche un po’ un’ammissione di colpa, quello preso dall’Abi, l’associazione che riunisce  gli istituti di credito: dalla metà di ottobre nei 35 mila sportelli d’Italia la trasparenza (si spera) trionferà. Ma chi sorveglierà sulla realizzazione dei Patti in ogni singola banca? Chi sono gli sceriffi dell’operazione che seguiranno passo dopo passo, in corrispondenza delle tappe prestabilite, la reale attuazione degli impegni? L’Abi ha istituito un comitato ad hoc, ribattezzato operation commettee. Ecco i nomi: Miro Fiordi, vice dg Credito valtellinese, Ernesto Paolillo, dg Bpm, Ernesto Tansini, vice dg Bpm, Bruno Picca, direttore rete Sanpaolo Imi, Massimo Arrighetti, responsabile divisione rete Banca Intesa, Victor Massiah, dg Banca lombarda e piemontese, Carmine Lamanda, condirettore generale Capitalia, Antonio Vigni, vicedirettore generale Mps, Franco Caleffi, dg Federcasse. Della squadra fa parte anche un gruppo di uomini di pubbliche relazioni: Davide Cefis,direttore comunicazione Bnl, Stefano Lucchini, responsabile relazioni esterne Banca Intesa, Leonardo Torrini, responsabile relazioni esterne gruppo Cassa di risparmio di Firenze e Sergio Gatti, responsabile comunicazione Federcasse. Ogni banca, naturalmente, non vigilerà se stessa ma nominerà un controllore, scelto dall’elenco dei certificatori curato dall’Abi che sarà definito a fine settembre e che vaglierà l’adesione dell’istituto di credito agli impegni previsti dai Patti chiari. A coordinare la squadra è già da mesi Massimo Roccia, responsabile valutazioni economiche e controllo di gestione dell’associazione presieduta da Sella. L’idea del progetto Patti chiari parte da lontano, dagli inizi del 2001. Il presupposto era una constatazione: tra le banche e la società c’è un “problema grave”, come spiegano all’Abi. In altri termini, i clienti non si fidano degli istituti di credito. Una sensazione che gli uomini dell’Abi hanno toccato con mano attraverso 4 mila interviste agli sportelli in tutt’Italia. Per questo l’associazione aveva deciso di formare  uno steering commettee, composto da 13 membri guidati dal presidente dell’Abi, Maurizio Sella. A individuare prima i mali e poi a prescrivere le medicine per ritrovare il feeling con gli italiani sono stati Alessandro Azzi (presidente della Federazione banche di credito cooperativo), Aureliano Benedetti (presidente Carifirenze), lo scomparso ad di Capitalia, Giorgio Brambilla, l’ex ad della Bnl, Davide Croff, l’ex dg di Mps, Vincenzo De Bustis (ora a capo di Deutsche bank), Giovanni De Censi (ad Credito valtellinese), Corrado Faissola (consigliere delegato della Banca lombarda piemontese), l’ad di Sanpaolo Imi, Luigi Maranzana, il presidente della Bpm, Roberto Mazzotta, l’ad di Intesa, Corrado Passera, l’ad di Unicredit, Alessandro Profumo, e Camillo Venesio (dg Banca del Piemonte). Alla fine delle ricerche, nel dicembre 2001, dal comitato presieduto da Sella è arrivata la diagnosi: il vero problema è la comunicazione tra clienti e istituti di credito. Per questo, ad aprile 2002, fu stilato un progetto con tre “aree di criticità” su cui intervenire, vera base dei Patti chiari. Prima area: il credito. Ossia i criteri di valutazione della capacità di credito e i tempi medi di risposta in particolare per le Pmi. Seconda: il risparmio. Puntando, per le scelte dei clienti, su obbligazioni a basso rischio-rendimento e informazioni chiare perle strutturate. Infine i servizi: ovvero conti correnti a confronto e tempi certi di disponibilità delle somme versate con assegno. Michele Arnese