Stampa e oro nero. L’archivio di Enrico Mattei (l'Unità)

L’ho avuta a Milano, al convegno che celebrava i 50 anni de Il Giornale, la notizia dell’esistenza, voluta da Enrico Mattei, di ben 35 volumi collettivamente intitolati Stampa ed oro nero, che raccolgono tutti gli attacchi della stampa italiana e straniera contro di lui, l’inventore dell’Eni: e il promotore, obbligato per qualche tempo alla clandestinità dai “poteri forti” dell’epoca, del quotidiano ideato da Gaetano Baldacci e che avrebbe cambiato il modo di fare informazione in Italia. Allora, tra il 1953 e il 1962, quando Mattei fu ucciso, il 27 ottobre di quell’anno da un temporale lombardo o da un attentato, la tv contava ancora pochissimo, né, tantomeno, si parlava di “media”. Il Presidente dell’Eni non avrebbe vissuto l’espandersi della piovra televisiva: il suo aereo precipitò, come una palla di fuoco, a sera, sui campi di Bescapè nella provincia di Pavia. (Come scrive Vincenzo Vasile nella sua prefazione al libro di Nico Perrone, ancora in vendita con L’Unità, Perché uccisero Enrico Mattei). L’Eni era nata, nel gennaio del 1953, dalle ceneri dell’Agip. All’ex partigiano cattolico Enrico Mattei era stato affidato il compito, nell’immediato dopoguerra – e per la pressione esercitata dagli Alleati – la liquidazione dell’ente petrolifero creato durante il fascismo. Ed invece il Commissario aveva lanciato la sfida contro il monopolio occidentale del petrolio, esercitato dalle Sette Sorelle. Non tocca a me, ovviamente – alla nascita de Il Giorno, il 21 aprile 1956, giovanissima ed ignota (fino a quel momento) cronista del grande quotidiano milanese (dal giornale mi dimisi il 6 gennaio del 1960 per solidarietà con Gaetano Baldacci, di cui Mattei era stato costretto a consegnare la testa) non tocca certamente a me, dicevo, fare la storia di un uomo e delle sue imprese. Imprese che, come ha ricordato ieri – citando Carlo Azeglio Ciampi, l’attuale Presidente dell’Eni, Roberto Poli, nel suo discorso inaugurale dell’Archivio Storico dell’Eni a Pomezia – “hanno fatto un pezzo della Storia d’Italia”. Ma voglio soltanto testimoniare, come persona la cui vita s’è intrecciata con quelle lontane vicende, le emozioni, e perché no, i ricordi che riaffiorano, e con quanta maggiore lucidità di allora, partecipando ad alcune delle celebrazioni in corso per il centenario della nascita di Enrico Mattei. E subito ieri mattina, visitando l’enorme struttura che contiene 5 km di documenti più decine di migliaia di foto, ed oltre 1500 filmati – alcuni di “grandi firme”, come Bernardo Bertolucci, Gillo Pontecorvo e Joris Yvens, sono proiettati in questa settimana alla Casa del Cinema di Roma – avrei voluto aprire almeno uno dei 35 volumi…A proposito dei quali il Direttore Relazioni Istituzionali dell’Eni, Stefano Lucchini, aveva parlato senza mezzi termini, a Milano, di una “ordinata raccolta di improperi contro una grande figura di italiano”. (Per conto mio, non ho dimenticato un articolo “contro” di Indro Montanelli, o le conversazioni a casa di Baldacci, in via Montenapoleone, in cui si discorreva delle pressioni esercitate da Segni e Malagodi, con relative interviste e cronache del Corriere della Sera, contro il direttore de Il Giorno. Anche a causa degli orientamenti politici dei suoi editoriali a favore di un governo di centrosinistra). Ma si capisce che non era il momento di sfogliare volumi, in una cerimonia inaugurale, così mi sono limitata a copiare – dalle vetrine della Mostra allestita nelle tre salette espositive – una lettera di Mattei allo Scià di Persia: in ricordo del mio primo ed unico incontro con il Presidente dell’Eni, nei saloni del Quirinale, ad una festa data da Giovanni Gronchi in onore dello Scià. La conversazione tra Mattei, lo Scià e Gaetano Baldacci si svolgeva in francese, la lingua straniera che il ragazzo che era stato tanto povero da non poter frequentare l’Università padroneggiava meglio. La lettera quindi è scritta in francese, ed a mano: la data è il 13 – X – 1953, e la formula d’indirizzo è come ovvio rispettosa del cerimoniale addirittura aulico di quel tempo, e figurarsi alla Corte del Pavone… “Sire – esordisce Mattei – è per me un grande onore e un privilegio eccezionale confermare a Vostra Maestà Imperiale l’accordo concluso con S.A. Maybout per la ricerca, lo sviluppo e la produzione del petrolio in Iran. Accordo basato sull’interesse reciproco dell’Iran e dell’Italia”. Mattei quindi passa a discorrere dei nuovi progetti che ha concepito “per lo sviluppo economico dell’Iran”, e conclude: “Appena confermato l’accordo con Vostra Maestà mi concentrerò su questi nuovi programmi”. Tempi remoti, sodalizi ambigui? Non sta a me giudicare. Ma voglio citare le osservazioni di un collaboratore del Presidente dell’Eni – anche questo, l’allora giovane Savorgnan de Brazzà, da lui conosciuto durante la Resistenza – a proposito “dello strano snobismo di un uomo eccezionale come Mattei, che divampa in occasione di un viaggio in Italia dello Scià”. Testimonia Savorgnan di Brazzà (citato da Italo Pietra): “Allo scopo di tenere lo Scià per sé e di non farlo fagocitare dai politici Mattei riduce al minimo la sosta romana  dell’Imperatore persiano. Tre giorni, sentenzia, e poi tutti a Napoli sullo yacht che mi impresta Angelo Rizzoli…”. Ce ne fossero ancora snob innocenti  (e figure geniali) come Enrico Mattei. Adele Cambria